Le veline (quelle vere) e la monopolizzazione dell’informazione
In un contesto di tagli al personale e di tilt del modello produttivo delle notizie, è pressoché ovvio che i giornali e i siti di informazione avrebbero cercato con ogni modo di rendersi più semplice il lavoro quotidiano.
Se più in generale ciò ha permesso l’esplosione delle agenzie di stampa, moltiplicatesi nel loro numero negli ultimi anni (visto che abbonarsi ai loro servizi vuol dire ovviamente avere articoli già scritti o pressoché ogni giorno), altri imprenditori del mondo della comunicazione hanno ritenuto di facilitarsi ulteriormente il lavoro accettando di pubblicare senza contraddittori le notizie in arrivo direttamente dagli uffici stampa di questo o quel partito politico.
La resurrezione delle veline
Se avete una buona memoria, saprete che questa pratica è quella delle veline, quelle originali, non le soubrette televisive che oggi associamo a quel nome. Peccato che le veline fossero state soppresse per legge dopo la caduta del fascismo, che le aveva inventate per imporre la propria propaganda agli italiani. Mai più, si era detto.
E invece, nonostante il progresso, l’esplosione di internet, la nascita del citizen journalism, queste hanno trovato il modo di rialzare la testa e risorgere. Si tratta di un fenomeno preoccupante, che in qualche modo si fa fatica a “debellare” del tutto: non aiuta il fatto che si moltiplichi e compaia anche in tv sotto forma del cosiddetto “panino” (due servizi di uguale durata sullo stesso partito o su due partiti alleati, fra i quali viene inserito un pezzo su una compagine invece di segno opposto).
Nemmeno il concetto stesso di par condicio aiuta: in teoria, una pratica nobile, ma allo stato dei fatti una maniera di dare spazio a tutti i partiti senza curarsi della qualità dei contenuti che essi presentano.
Riusciremo a liberarci delle veline? Solo vigilando sui partiti stessi…